certificato revisione

 

Si tratta di un provvedimento relativo alla revisione auto, nello specifico ai chilometri percorsi che verranno certificati per evitare frodi.

L'Italia dovrà adeguarsi, entro il 20 maggio 2018, alla direttiva europea 2014/45, che sancisce nuove regole in merito alla revisione auto che dovrà passare tramite uno specifico certificato. Un provvedimento dell’UE studiato per aumentare la sicurezza stradale e diminuire il rischio di frode per chi compra auto usate.

Il nostro paese ha quindi 3 settimane di tempo -su di una direttiva emanata ormai tre anni fa- per mettersi in pari, mentre la legge entrerà in vigore a distanza di un anno, ovvero il 20 maggio 2018.

Raffaele Caracciolo, dell’Unione Nazionale Consumatori, ha dichiarato che “E’ importante che il ministero dei Trasporti si attivi velocemente per stabilire una efficace regolamentazione della materia a tutela dei consumatori e della leale concorrenza degli operatori. Grazie al recepimento della direttiva 2014/45 la registrazione della percorrenza del veicolo, e quindi il chilometraggio percorso, diventa un obbligo di legge che dovrebbe ridurre le frodi che sono ancora molto frequenti nella vendita delle auto usate”.

Già, perché il maggiore cambiamento alla normativa riguarda i chilometri percorsi dall’auto. Partendo, come primo argomento, dalle categorie dei veicoli con obbligo di revisione, le novità sono l’inclusione dei rimorchi sopra 3,5 t., dei  trattori a ruote T5 con velocità massima superiore a 40 km/h e, a partire dal 1 gennaio 2022, tutti i veicoli a 2 e 3 ruote sopra a 125 cc. Singolare e fulgido esempio di “compromesso all’europea” è la deroga al capo 2.1 sui motocicli, secondo la quale se uno stato membro dimostra per mezzo di dati statistici di aver messo in opera nei precedente 5 anni misure alternative per la sicurezza, può evitare di obbligare la revisione periodica per i veicoli a due e tre ruote.

Nessuna novità sulla frequenza di revisione; rimane il regime 4-2-2 in vigore, e cioè dopo quattro anni dalla prima immatricolazione e successivamente ogni due anni, con la sola eccezione di taxi e ambulanze che sottostanno a frequenza annuale. Unica aggiunta è la facoltà data agli stati membri di inasprire la frequenza di revisione per veicoli incidentati, alterati o modificati, al passaggio di proprietà, in caso di grave rischio stradale e, infine, in caso di superamento di un chilometraggio di 160.000 km. 

Entrando un po’ più nel merito delle prove tecniche di revisione si può notare subito che non vengono introdotti nuovi test, perlomeno rispetto alla prassi corrente negli stati più evoluti quali l’Italia. La direttiva non introduce niente di nuovo e i centri di revisione italiani non dovranno procedere ad adeguamenti delle loro attrezzature tecniche.

Il famigerato trapano da contachilometri non è più in voga come un tempo, vero, ma è altrettanto vero che chi sa mettere le mani su di una centralina impiega poco a ritoccare qualche dato. La normativa prevede quindi la registrazione dei chilometri percorsi ad ogni revisione. In questo modo sarà più difficile truffare gli acquirenti, ingannati da concessionari o privati in malafede. Certo, non si elimina del tutto il problema, ma si tratta di un buon deterrente ed una tutela maggiore per gli acquirenti.

Caracciolo continua a raccontare i nuovi provvedimenti: ”Nell’ottica di una drastica riduzione degli incidenti mortali la citata direttiva europea stimola gli Stati membri dell’Unione a migliorare le revisioni periodiche dei veicoli con regole più severe sia per il personale che effettua gli interventi sia per il proprietario dell’auto che diventa garante dello stato della sua vettura”.